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NOTA SULLA GESTIONE DELLE ATTIVITA’ CONNESSE ALLA PESCA SPORTIVA E AL TURISMO

Il Decreto Direttoriale della Direzione Generale per il Patrimonio Naturalistico 2 aprile 2020, pubblicato in G.U. serie generale n. 98 del 14 aprile 2020, attuativo del D.P.R. n. 102 del 5 luglio 2019, e la correlata tabella delle specie ittiche autoctone di interesse alieutico, quest’ultima in corso di adozione, evidenziano diverse criticità applicative per le quali manifestiamo la nostra contrarietà.

Il nuovo iter stabilisce che gli Enti di Gestione (Regioni, Province) richiedano al Ministero per la Transizione Ecologica l’autorizzazione per l’immissione delle specie ittiche non autoctone nelle acque interne. L’istanza deve essere corredata da uno studio del rischio che tenga conto delle ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse a esigenze ambientali, economiche, sociali e culturali, senza arrecare pregiudizi agli habitat naturali ne’ alla fauna e alla flora selvatiche locali.

Seppur si condividano le finalità e gli obiettivi di salvaguardia delle specie autoctone e della salubrità delle acque e del territorio – già peraltro contemplate negli strumenti di pianificazione regionale –rileviamo che l’adozione di criteri scientifici eccessivamente restrittivi e generalisti sta di fatto bloccando le attività di immissione e ripopolamento nella quasi totalità del territorio nazionale.

Contestualmente, la frettolosa adozione della tabella delle specie ittiche autoctone di interesse alieutico (correlata al richiamato Decreto), potrebbe comportare, dall’oggi al domani, la totale interruzione delle immissioni nelle nostre acque di diverse specie ittiche non autoctone che, gestite in modalità non invasiva e monitorata, configurano un elemento fondante il sistema della pesca nazionale; un esempio è ben rappresentato dalla trota fario e dalla trota iridea, immesse nelle acque italiane da oltre un secolo, la cui diffusione e il conseguente impatto, qualora vi siano stati, hanno ormai raggiunto i naturali limiti.

Al sistema gestionale della pesca dilettantistica, sono infatti connessi importanti interessi, pubblici e privati, contratti in essere e pratiche sportive e ricreative che non possono essere interrotti in maniera improvvisa alterando gravemente gli equilibri dei territori, in particolare montani, che basano la loro economia su questa importante risorsa per esercitare attrattività ed economia oggi imprescindibili per la resilienza ed il rilancio delle aree interne, sia dal punto di vista economico che sociale.

I danni economici, il cui computo può avvicinarsi a decine di milioni di euro, in carenza di una importante riflessione, potranno rivelarsi irreparabili e irreversibili, anche per gli esercenti del settore e i non pochi posti di lavoro legati alle attività turistico ricreative connessi alla pesca, in un quadro complessivo in fase regressiva già gravato dai danni derivanti dall’attuale pandemia da COVID – 19.

Soltanto per avere un’idea del peso economico che attualmente riveste la pesca, si pensi che in Italia, i pescatori sportivi sono stimati in oltre 2 milioni di unità. Sono presenti, circa 1500 punti vendita specializzati di pesca sportiva, 1000 punti vendita generici che trattano anche la pesca sportiva con una manodopera impegnata nella produzione, importazione e distribuzione ingrosso, commercio al dettaglio e servizi in genere, stimata in circa 15.000 unità. Si stima, poi, un fatturato medio annuale, per rivenditore, di oltre 150.000 euro ed una spesa media pro-capite a pescatore – solo per l’acquisto di accessori – di circa 300 euro. Al giro d’affari del settore, pari a quasi 400 milioni di euro deve essere aggiunto l’ammontare dell’indotto che è stimabile in circa 2,8/3 miliardi di euro e comprende le spese sostenute da ogni pescatore per spostamenti, ristorazione, pernottamenti, carburanti, permessi, etc.

L’Italia beneficia di un patrimonio di migliaia di chilometri di fiumi e centinaia di laghi che creano le basi per lo sviluppo di una economia che promuove la valorizzazione del territorio anche attraverso la pesca sportiva per chi vuole scegliere un luogo dove trascorrere un periodo di riposo, o trasferirsi al termine dell’attività lavorativa. La presenza di pesce di qualità, ed in quantità, rappresenta la precondizione necessaria per la frequentazione delle acque, specie quelle a vocazione salmonicola.

Affinché i progetti di promozione territoriale trovino il giusto equilibrio con la sostenibilità ambientale è prioritario risolvere i problemi all’origine della contrazione della fauna ittica autoctona, da ricercarsi nell’antropizzazione e la banalizzazione degli habitat, nell’incremento fuori controllo degli uccelli ittiofagi e nel cambiamento climatico, evitando di distruggere – per volontà di pochi – un indotto economico rilevante che coinvolge oltre 2 milioni di appassionati, che danno vita, allo stesso tempo, ad un fitto reticolo associativo con rilevanti e irrinunciabili ricadute socio-economiche.

CHIEDIAMO CHE IL NUOVO MINISTERO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA

  • definisca, in accordo con le Regioni – adottando un provvedimento transitorio – un congruo periodo che accompagni il sistema gestionale della pesca ad un graduale adeguamento della normativa consentendo le immissioni secondo i Piani Ittici regionali vigenti, almeno per il tempo necessario a meglio definire la tabella delle specie ittiche di interesse alieutico che evidenzia importanti lacune e imprecisioni e al fine di garantire una riorganizzazione complessiva del sistema produttivo del materiale ittiogenico, sulla base delle emergenti evidenze scientifiche;
  • voglia, in considerazione delle criticità già espresse dalle Regioni e dalle Province Autonome nell’ambito del tavolo tecnico, concordare con esse le necessarie proposte di modifica del citato Decreto Direttoriale, con particolare riferimento all’art. 3 Criteri per l’immissione in natura di specie o popolazioni non autoctone” e al correlativo allegato (3) anche al fine di armonizzare il provvedimento con gli strumenti tecnici di valutazione e le Carte Ittiche regionali.
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