Difficile oggi trovare tra i pescatori sportivi, soprattutto tra quelli che maggiormente insidiano il black bass, qualcuno che non conosca il belly boat.
Davvero non sapete cosa sia? Bene! Allora immaginatevi seduti su di una sorta di poltrona galleggiante nel mezzo di uno specchio d’acqua. Vagheggiate di indossare dei waders e di calzare delle classiche pinne da sub ai piedi. Fantasticate di spostarvi lentamente sul pelo dell’acqua all’indietro, come un gambero, spinti dalla sola forza delle vostre gambe. Cappellino ed occhiali, una canna, qualche esca e null’altro che silenzio tutt’intorno con l’imbarazzo della scelta circa il primo posto da raggiungere per lanciare le vostre imitazioni. Questo, sostanzialmente è il float tubing.
I primi “ciambelloni” sono comparsi in Italia nei primi anni Ottanta, quando ad utilizzarli era un manipolo di pionieri, che, avendone intuito le grandi potenzialità, erano entrati in possesso dei primitivi (si fa per dire) modelli “round”, cioè a forma circolare ed ad unica camera d’aria. Furono proprio le fattezze di questi belly boat a far guadagnare a tutta la categoria di questi particolari pescatori a spinning fin oggi, l’appellativo di “ciambellari”, ma in realtà l’evoluzione delle sagome di questi attrezzi attualmente tutt’altro ricordano che il classico salvagente per bambini. Tornando a trent’anni addietro, scorgendoli da qualche parte sulle rive di un lago o più comunemente di una cava, qualche pescatore tradizionale li avrà chiamati incoscienti, quando li intravedevano infilarsi letteralmente, pinne-muniti, in queste sagome circolari attrezzate con tanto di imbracatura e calarsi in acqua per raggiungere spot impossibili da avvicinare da terra. Immersi nell’elemento liquido fino alla vita, che sembravano tagliati in due dalla superficie dell’acqua, sotto il sol leone o in pieno inverno, ben difesi da pantaloni impermeabili in spesso pvc larghi sulle cosce, infuocati in estate ed inutili per ripararsi dal gelo, una, al massimo due canne con al seguito, movimenti limitati ed attrezzatura stipata nelle tasche ridotta all’osso. Eccoli i primi tubers italiani, essenziali, entusiasti, accecati dallo spirito d’avventura, decisi ad esplorare da un punto di vista del tutto nuovo ogni specchio d’acqua raggiungibile in macchina o a piedi. Nella mano destra una cartina stradale e nell’altra il volante, internet era agli albori e le odierne applicazioni satellitari come Google Earth erano fantascienza, qualcosa che era possibile vedere solo nei film di 007. Il tempo e le catture, documentate esclusivamente sulla classica pellicola, di fatto, hanno dato ragione a questi “pazzi”, tanto che oggi il bass fishing da belly boat non solo conta numerosissimi appassionati, ma ha conquistato una fetta di mercato non indifferente ed annovera nel suo medagliere diversi campionati italiani individuali (dal 2006) ed a squadre (dal 2011), naturalmente sotto l’egida della FIPSAS a cui fanno capo oltre 60 associazioni di settore, che letteralmente mettono ”in acqua” centinaia di agonisti.
Sarà stato il fascino di questo fenomenale mezzo per la pesca a spinning, ereditato da quella a mosca, oppure il fatto che i costi per approcciare a questa disciplina sono contenuti, che il belly boat è facilmente trasportabile, semplice da utilizzare o che richiede poca manutenzione, tant’è che la sua fama negli anni duemila si è talmente diffusa che nel nostro tempo è possibile trovare “ciambellari” in ogni regione d’Italia, siano essi singoli appassionati o persone organizzate in vere e proprie associazioni sportive dilettantistiche.




